Norme

Rimborso Tari

Una circolare del Ministero delle Finanze dà il via libera al rimborso della Tari (Tassa sui Rifiuti) che alcuni Comuni italiani hanno calcolato in modo sbagliato.

di Redazione

19 febbraio 2018

Tari rimborso

Tari rimborso

Alla fine del 2017 è scoppiato il caos Tari. A seguito di un’interpellanza parlamentare, è emerso che alcuni Comuni italiani avrebbero mal interpretato la normativa e applicato un regolamento Tari sbagliato che di fatto ha portato gli utenti domestici a pagare di più. Per chiarire la questione dei rincari lo scorso novembre il Ministero dell'economia e delle finanze, ha pubblicato una circolare in cui fornisce le indicazioni per richiedere il rimborso di quanto pagato in eccesso. Il chiarimento si è reso necessario a seguito del calcolo che alcuni Comuni hanno adottato, in base al quale la parte variabile della tassa è stata moltiplicata per il numero delle pertinenze. In questo modo sono risultati importi decisamente più elevati rispetto a quelli che sarebbero risultati applicando la quota variabile una sola volta. La circolare definisce quindi che, con riferimento alle pertinenze dell’abitazione, appare corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica. Per superficie totale dell‘utenza domestica si intende la somma dei metri quadri dell’abitazione e delle relative pertinenze. “Un diverso modus operandi da parte dei comuni – è scritto nella circolare – non troverebbe alcun supporto normativo, dal momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare conseguentemente l’importo della Tari’’. Quindi nel calcolo dell’imposta sui rifiuti è illegittimo sommare la quota variabile dell’abitazione principale a quella di tutte le sue pertinenze come box, soffitte e cantine. La quota variabile deve essere conteggiata una sola volta per tutta l’abitazione.

Tassa Tari

Facciamo un passo indietro per spiegare cos’è nel dettaglio la Tari. Si tratta della Tassa sui rifiuti che si paga, appunto, per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti che è stata introdotta dalla legge n. 147 del 2013 (Legge di Stabilità 2014), insieme con Imu (Imposta municipale propria) e Tasi (Tassa sui servizi indivisibili) e che, insieme a queste, va a comporre l’Iuc (Imposta unica comunale). La Tari ha sostituito i preesistenti tributi dovuti al Comune per questo servizio, che si chiamavamo Tarsu e, successivamente, Tia e Tares. La base su cui calcolare la Tari è la superficie calpestabile di unità immobiliari, iscritte o iscrivibili nel catasto urbano, suscettibili di produrre rifiuti. Ma cosa significa superficie calpestabile? Non c’è una disposizione legislativa di riferimento, ma si può utilizzare il criterio previsto al Decreto Ministeriale 10.05.1977 per la definizione di superficie utile abitabile, intendendo per tale la superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, eventuali scale interne, logge e balconi. In altre parole la Tari viene applicata alla superficie calpestabile dell’appartamento che si calcola considerando la superficie dello stesso al netto di muri interni, pilastri e muri perimetrali. Sono esclusi anche balconi, terrazze scoperte, posti auto scoperti, vani ascensori, locali contatori e le aree comuni condominiali che non sono occupate o detenute in via esclusiva, come androni, scale, ascensori, stenditoi. A titolo di esempio, è tassabile il giardino, ma non il posto macchina scoperto (cioè la parte di cortile condominiale utilizzata come parcheggio privato). Tale regola non vale per le aree utilizzate per attività economiche (ad esempio il cortile di una fabbrica), che sono invece sempre tassate. Chi paga la Tari? I proprietari residenti in un immobile (anche una seconda casa), gli inquilini residenti in un immobile con un contratto di affitto di durata superiore a sei mesi, i soggetti che garantiscono i servizi nelle aree commerciali e nei locali di multiproprietà. La scadenza della Tari nel 2018 varia da Comune a Comune. Possono essere due tranche (di solito a fine aprile e a fine ottobre) oppure un’unica soluzione. Anche le modalità di pagamento variano a seconda del Comune. Di solito si tratta di: modello F24, bollettino postale e Mav.

Calcolo Tari

La Tari è calcolata su base annuale e il pagamento è suddiviso in due semestri stabiliti dal Comune di appartenenza. La tariffa della Tari è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti; la tariffa inoltre è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica. La parte fissa per le utenze domestiche è determinata in base alla superficie e alla composizione del nucleo familiare. Per la parte variabile della tariffa, invece, la normativa stabilisce che questa “è rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati e differenziati specificata per kg, prodotta da ciascuna utenza”. Il Ministero si sofferma poi sul significato della locuzione utenza domestica, che “deve intendersi comprensiva sia delle superfici adibite a civile abitazione sia delle relative pertinenze”. Pertanto, la quota fissa di ciascuna utenza domestica deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell'alloggio sommata a quella delle relative pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell'utenza stessa, mentre la quota variabile è costituita da un valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli occupanti che non va moltiplicato per i metri quadrati dell'utenza e va sommato come tale alla parte fissa. Con riferimento alle pertinenze dell'abitazione è corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell'utenza domestica. Ecco un esempio di calcolo della Tari. Si considera un nucleo familiare di tre componenti, che possiede un appartamento di 80 mq e una cantina di 20 mq, che costituisce la pertinenza dell'abitazione. Se si ipotizza che la tariffa per il calcolo della parte fissa determinata dal Comune sia pari a 1,10 euro mentre la parte variabile sia pari a 163,27 euro, la modalità corretta di calcolo della tassa è questa: i mq totali della superficie abitativa sono 100 (80 abitazione più 20 cantina). La parte fissa va calcolata moltiplicando la superficie abitativa per la quota fissata dal Comune, in questo caso 100 mq x 1,10 euro per un totale di 110 euro. Il calcolo totale va fatto sommando la quota fissa a quella variabile: 110 euro + 163,37 = 273,27. Quest’ultima cifra è quindi la Tari da pagare.

Esenzioni e riduzioni Tari

Il presupposto della norma è quello per cui non sono tassabili gli spazi improduttivi di rifiuti, in base al criterio della “non utilizzabilità” dei locali e delle aree. Tale indisponibilità deve tuttavia dipendere da condizioni oggettive, cosicché, ad esempio, un’abitazione priva dei requisiti di abitabilità (mancanza di allacciamenti elettrici, idrici e fognari, ecc.) non è soggetta all’imposta, mentre un locale che disponga di tali infrastrutture è comunque tassabile, anche se materialmente inutilizzato. Sono quindi esenti: le parti condominiali, non utilizzate in via esclusiva (ad esempio, l'androne, o le scale di accesso); i locali dove è oggettiva l’impossibilità di produrre rifiuti in maniera autonoma (ad es. solai e cantine); i locali dove, in specifiche circostanze temporali, non è possibile produrre rifiuti. Sono inoltre previste riduzioni in misura variabile, a seconda delle modalità di erogazione del servizio. In particolare, la Tari è ridotta alla misura massima del 20 per cento nei seguenti casi: mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti; erogazione del servizio in cui si evidenzino gravi violazioni della norma di riferimento; interruzioni del servizio che possano arrecare danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente. La tariffa può inoltre essere ridotta: nel caso di uso non continuativo dell'immobile (ad esempio, per abitazioni tenute per uso stagionale); nel caso di unico occupante dell'immobile (persona che viva da sola); per la parte abitativa di case coloniche, occupate da agricoltori; se l'occupante è residente all'estero per un periodo non inferiore a sei mesi. I Comuni possono inoltre deliberare riduzioni ed esenzioni, entro il 7 per cento dell’intero introito, in base a specifiche condizioni dell’occupante oppure tenendo conto della capacità contributiva della famiglia.

Come chiedere rimborso Tari

Se il contribuente riscontra un errato computo della parte variabile della tassa sui rifiuti effettuato dal Comune o dal soggetto gestore del servizio può chiedere il rimborso del relativo all’importo pagato in eccesso. Va precisato che l’istanza di rimborso potrà riguardare solo la Tari pagata a partire dal 2014 e che il termine per presentare l’istanza si prescrive entro 5 anni dal pagamento degli importi non dovuti. Nell’istanza (che non richiede particolari formalità e può essere compilata anche in carta semplice) vanno riportati: i dati sensibili del contribuente che richiede il rimborso; il periodo per il quale il rimborso è richiesto; il vincolo giuridico che lega il contribuente all’immobile; i dati catastali riferiti all’immobile principale e alle pertinenze a esso annesse, in relazione alle quali è stata erroneamente applicata la quota variabile della tariffa. L’istanza di rimborso dovrà essere presentata dal contribuente, a mezzo Pec o raccomandata A/R, direttamente alla società privata che, all’epoca in cui risale il tributo oggetto di contestazione gestiva l’entrata; nell’eventualità (probabile) in cui la suddetta società non esiste più, l’istanza dovrà essere proposta (congiuntamente) nei confronti della nuova società di gestione e del Comune. A seguito di tale procedura, potrà verificarsi che: al contribuente sia riconosciuto il rimborso; al contribuente sia notificato un provvedimento di diniego; in tal caso il contribuente che voglia proseguire per il recupero delle somme non dovute, potrà servirsi dello strumento del ricorso entro 60 giorni dalla notifica del diniego; al contribuente non sia riconosciuto né il rimborso né gli sia comunicato alcun provvedimento di diniego. In quest’ultimo caso il contribuente potrà procedere giudizialmente per il recupero delle somme, mediante ricorso da presentarsi dopo 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza.

Tari Comuni rimborso

Quali sono i Comuni in cui la Tari è stata calcolata male? Secondo il Codacons sono almeno sette, tra cui Milano, Genova, Ancona, Siracusa, Catanzaro, Rimini e Napoli. Ma la città di Genova ha già assicurato di aver eseguito i calcoli correttamente. L’errore che hanno commesso i Comuni implicati sta nella quantificazione della parte variabile della tassa. In cosa consiste quest’ultima? La Tari, accanto alla quota fissa, calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio, sommata a quella delle relative pertinenze per il numero degli occupanti, prevede una quota variabile che è costituita da un valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli occupanti che, ricorda il Ministero delle Finanze: “non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa”. I Comuni che hanno sbagliato il calcolo invece la quota variabile è stata ripetuta per ogni pertinenza: se, per l’esempio, l’abitazione aveva un box e una cantina, ecco che la quota variabile veniva moltiplicata per tre, generando un balzello gonfiato.

Rimborso Tari, chi ne ha diritto

Come capire se si ha diritto al rimborso Tari? Innanzitutto occorre recuperare i bollettini Tari o gli F24 inviati dal Comune e che i riportano anche i calcoli della tariffa applicata sulla singola unità immobiliare e sulle pertinenze e verificare se in queste ultime è presente la quota variabile Tari. Se c’è, si ha il diritto a richiedere il rimborso. Il consiglio quindi è quello di leggere bene gli avvisi di pagamento Tari che l’ente ha spedito per verificare se, alle pertinenze della propria casa, il Comune abbia applicato una quota variabile pari a zero, vale a dire quella giusta. Ma in bolletta dove si trova la quota variabile? Nella pagina relativa al dettaglio delle somme. In questa sezione l’ente, oltre ai dati catastali dell’immobile, della superficie della casa, del numero degli occupanti, indica anche la quota fissa e variabile distinta per ogni unità immobiliare. La quota variabile deve essere presente solo per l’abitazione e non sulle pertinenze. Ricapitolando, se nel dettaglio delle somme nell’avviso di pagamento Tari ci si accorge che la quota variabile è stata applicata anche al garage, alla cantina, alla soffitta (che sono le cosiddette pertinenze della casa), si ha diritto al rimborso.

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